Mi sono imbattuta nei libri di
Elena Ferrante quasi per caso. Avevo già sentito parlare delle sue opere ma,
sebbene molto osannate dalla critica, mi parevano un polpettone melenso che non
gradivo. Solitamente preferisco i thriller ed il noir, ai romanzi sentimentali.
Ed invece un giorno, in vista di
una vacanza al mare, ho acquistato il primo volume della quadrilogia. Volevo un
libro poco impegnativo che mi aiutasse ad alleggerirmi dai pensieri e fardelli
quotidiani, che mi proiettasse in un mondo femminile, rosa e fatato. Come mi sbagliavo. Accantonati Nesbo e Camilleri,
Anna Holt e Camilla Lackberg, mi sono immersa nella storia di questa amicizia
tra Elena, detta Lenù e Raffaella, detta Lila, bambine in un quartiere popolare
napoletano. La scioltezza della scrittura, il ritmo alternato ed incalzante, la
descrizione psicologica dei personaggi a tutto tondo, mi hanno subito catturato fino a farmi prigioniera del
racconto. La familiarità dei temi trattati, il filtro dello sguardo femminile
sul mondo, gli approfondimenti di una storia banale, ma resa con una
complessità e profondità disarmante, mi ha fatto riconoscere nelle vicende
delle protagoniste e mi hanno portato alla mente episodi della mia vita trascorsa.
“L’amica geniale” mi ha ricordato
come ero da bambina, i giochi in cortile, le bambole, ma anche le cattiverie di
cui solo i bambini sono capaci, i rapporti complicati di dipendenza e di
autonomia, i primi amori, il desiderio di autonomia. Il libro mi è piaciuto
talmente tanto che al secondo giorno di vacanza l’avevo già finito ed ho
disperatamente cercato una libreria per acquistare il secondo volume “Storia
del nuovo cognome”, che mi ha catapultata dall’infanzia all’adolescenza,
attraverso la scoperta di diversi tipi di amore, l’amore platonico, l’amore
molesto, l’amore passionale, l’amore spensierato, l’amore colto, l’amore che
ferisce e che finisce.
Nella descrizione dell’estate ad
Ischia ho rivissuto il periodo del liceo, delle lunghe vacanze scolastiche,
quando anch’io trascorrevo l’estate tra sole, mare ed amicizie. Anche questo
libro l’ho consumato in pochi giorni per passare velocemente alla “Storia di
chi va e di chi resta”. Dei quattro libri che compongono la quadrilogia della
Ferrante, forse questo è quello che mi è piaciuto meno. Si disperde in dettagliate
ricostruzioni storiche che spezzano il ritmo serrato della narrazione, mentre
il lettore ormai incatenato al racconto, esige di sapere come va a finire.
L’aria di rivoluzione degli anni Settanta soffia sulle vite delle protagoniste
investendo Lila e sfiorando soltanto Elena che rimane rigida nel suo ruolo di
brava studentessa prima e di attenta moglie e mamma poi.
Il quarto ed ultimo libro, “Storia
della bambina perduta”, approfondisce il tema della maternità. Lila madre
presente e affettuosa con il primogenito, si trasforma in una madre lavoratrice
distratta, che tenta come può di conciliare affetti, lavoro ed ambizioni
personali alternando fasi di compiuta serenità alla smaniosa ricerca di affermazione
personale. Elena, invece, subisce la maternità a lungo, dedicandosi alle figlie
in maniera quasi esclusiva, sacrificandosi fino al punto di annientare se
stessa e perdersi dietro allo stereotipo di madre amorevole tutta dedita alla
famiglia, ma al riemergere di un nuovo amore, rifiorisce, trovando la forza per
ritrovare sé stessa, mettere a soqquadro le vecchie e consolidate abitudini e
reinventarsi una nuova vita per sé e le sue figlie. E proprio quando tutto
sembra essersi sistemato e volgere per il meglio, la tragedia della scomparsa
improvvisa di Tina, la secondogenita di Lila, segnerà profondamente la vita di
entrambe. Da quel momento in poi, le loro vite che sono corse parallele pur se su
binari differenti, divergeranno per sempre, fino a non incontrarsi più.
Lila ed Elena, due personalità
agli antipodi, che sono come facce della stessa medaglia, l’una dipendente
dalla personalità dell’altra, che si fanno forza nella vita appoggiandosi l’una
l’altra. La Ferrante
ha il grande merito di saper descrivere i personaggi nella loro complessa
evoluzione, mostrando come i limiti di ciascuno possano col tempo essere
superati, modellati, ridimensionati, acquisendo nuove capacità e conoscenze,
come la storia individuale non sia solo oggetto passivo del fato, ma come possa
essere ribaltata, reinventata e ricostruita attraverso la passione e l’impegno
costante quotidiano. Nel mondo della Ferrante tutto è in divenire, come lo
scorrere di un fiume che dalla sorgente, attraverso un percorso talvolta impervio,
si muove rapido verso il mare, rallentando prima del finale.