martedì 2 agosto 2016

L’amica geniale. Storia di un'amicizia




Mi sono imbattuta nei libri di Elena Ferrante quasi per caso. Avevo già sentito parlare delle sue opere ma, sebbene molto osannate dalla critica, mi parevano un polpettone melenso che non gradivo. Solitamente preferisco i thriller ed il noir, ai romanzi sentimentali.  
Ed invece un giorno, in vista di una vacanza al mare, ho acquistato il primo volume della quadrilogia. Volevo un libro poco impegnativo che mi aiutasse ad alleggerirmi dai pensieri e fardelli quotidiani, che mi proiettasse in un mondo femminile, rosa e fatato.  Come mi sbagliavo. Accantonati Nesbo e Camilleri, Anna Holt e Camilla Lackberg, mi sono immersa nella storia di questa amicizia tra Elena, detta Lenù e Raffaella, detta Lila, bambine in un quartiere popolare napoletano. La scioltezza della scrittura, il ritmo alternato ed incalzante, la descrizione psicologica dei personaggi a tutto tondo, mi hanno  subito catturato fino a farmi prigioniera del racconto. La familiarità dei temi trattati, il filtro dello sguardo femminile sul mondo, gli approfondimenti di una storia banale, ma resa con una complessità e profondità disarmante, mi ha fatto riconoscere nelle vicende delle protagoniste e mi hanno portato alla mente episodi della mia vita trascorsa. 
“L’amica geniale” mi ha ricordato come ero da bambina, i giochi in cortile, le bambole, ma anche le cattiverie di cui solo i bambini sono capaci, i rapporti complicati di dipendenza e di autonomia, i primi amori, il desiderio di autonomia. Il libro mi è piaciuto talmente tanto che al secondo giorno di vacanza l’avevo già finito ed ho disperatamente cercato una libreria per acquistare il secondo volume “Storia del nuovo cognome”, che mi ha catapultata dall’infanzia all’adolescenza, attraverso la scoperta di diversi tipi di amore, l’amore platonico, l’amore molesto, l’amore passionale, l’amore spensierato, l’amore colto, l’amore che ferisce e che finisce.
Nella descrizione dell’estate ad Ischia ho rivissuto il periodo del liceo, delle lunghe vacanze scolastiche, quando anch’io trascorrevo l’estate tra sole, mare ed amicizie. Anche questo libro l’ho consumato in pochi giorni per passare velocemente alla “Storia di chi va e di chi resta”. Dei quattro libri che compongono la quadrilogia della Ferrante, forse questo è quello che mi è piaciuto meno. Si disperde in dettagliate ricostruzioni storiche che spezzano il ritmo serrato della narrazione, mentre il lettore ormai incatenato al racconto, esige di sapere come va a finire. L’aria di rivoluzione degli anni Settanta soffia sulle vite delle protagoniste investendo Lila e sfiorando soltanto Elena che rimane rigida nel suo ruolo di brava studentessa prima e di attenta moglie e mamma poi.
Il quarto ed ultimo libro, “Storia della bambina perduta”, approfondisce il tema della maternità. Lila madre presente e affettuosa con il primogenito, si trasforma in una madre lavoratrice distratta, che tenta come può di conciliare affetti, lavoro ed ambizioni personali alternando fasi di compiuta serenità alla smaniosa ricerca di affermazione personale. Elena, invece, subisce la maternità a lungo, dedicandosi alle figlie in maniera quasi esclusiva, sacrificandosi fino al punto di annientare se stessa e perdersi dietro allo stereotipo di madre amorevole tutta dedita alla famiglia, ma al riemergere di un nuovo amore, rifiorisce, trovando la forza per ritrovare sé stessa, mettere a soqquadro le vecchie e consolidate abitudini e reinventarsi una nuova vita per sé e le sue figlie. E proprio quando tutto sembra essersi sistemato e volgere per il meglio, la tragedia della scomparsa improvvisa di Tina, la secondogenita di Lila, segnerà profondamente la vita di entrambe. Da quel momento in poi, le loro vite che sono corse parallele pur se su binari differenti, divergeranno per sempre, fino a non incontrarsi più.

Lila ed Elena, due personalità agli antipodi, che sono come facce della stessa medaglia, l’una dipendente dalla personalità dell’altra, che si fanno forza nella vita appoggiandosi l’una l’altra. La Ferrante ha il grande merito di saper descrivere i personaggi nella loro complessa evoluzione, mostrando come i limiti di ciascuno possano col tempo essere superati, modellati, ridimensionati, acquisendo nuove capacità e conoscenze, come la storia individuale non sia solo oggetto passivo del fato, ma come possa essere ribaltata, reinventata e ricostruita attraverso la passione e l’impegno costante quotidiano. Nel mondo della Ferrante tutto è in divenire, come lo scorrere di un fiume che dalla sorgente, attraverso un percorso talvolta impervio, si muove rapido verso il mare, rallentando prima del finale. 

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