Con l’arrivo della bella stagione
si moltiplicano gli inviti e le occasioni d’incontri e feste in società e
contemporaneamente accresce l’ansia di apparire sempre belle e alla moda. L’armadio
non offre grandi spunti. I vestiti per le occasioni mondane, rimasti
inutilizzati per molto tempo, non sono più attuali ed anche il classico tubino
nero tira e spancia. Vano qualsiasi tentativo di entrare ancora nel tailleur di
shantung o nel vestito di voile in seta. Lo specchio mi esorta a non spingermi
oltre: i chili di troppo accumulati durante l’inverno si fanno sentire tutti e
non potendo ricorrere al chirurgo plastico per farmi affettare come una
mortadella (tre etti di cosce, quattro etti di sedere ed altrettanti di pancia
e seno!), sembra ormai evidente che è arrivato il momento di acquistare un
nuovo abito!
L’idea mi appare subito piuttosto
allettante e mi sorprendo in pausa pranzo a guardare le vetrine dei negozi in
centro o a navigare sui blog di moda per aggiornarmi sul colore più trend
dell’estate. Scelgo con la mente il look più adatto all'occasione, selezionando
accuratamente colori, tessuti, modelli e costi, ma il terrore di apparire
nuovamente dinanzi allo specchio, mi blocca e rimando lo shopping a data da
destinarsi, nascondendomi dietro scuse abusate da donna super-impegnata.
Il giorno dell’evento si avvicina
ed ignorarlo non giova al sonno: forbici parlanti mi inseguono in un corridoio
infinito per tagliarmi un vestito su misura, talmente aderente da perdere il
fiato e la solita combriccola di amici e parenti assiste alla scena
bisbigliando all'orecchio. In fondo al corridoio un enorme specchio mi rimanda
un’immagine deforme di me stessa. Mi sveglio sudata ed angosciata. La verità è
che ho paura di accettare l’idea che non ho più né venti e nemmeno trentanni e
che, mentre il mio corpo naturalmente si trasforma, la mia mente rimane legata
all'immagine di quella che ero. Tra un rinvio e l’altro, arrivo terrorizzata
alla vigilia dell’evento. “Ed ora cosa mi metto?”, urlo isterica dinanzi
all'armadio stracolmo di vestiti che non mi entrano più, ma di cui non riesco a
liberarmi, nell'illusione di poterli in un giorno nuovamente indossare. Morirò
grassa, ormai è certo, ma nel frattempo dovrò comunque continuare a vestirmi e
quasi rimpiango di non essere musulmana per poter indossare un bel burqa che mi
protegga dagli sguardi indiscreti, come un fantasma della donna che sono stata.
Il tempo stringe ed occorre darsi
da fare. Mi concedo una giornata di ferie, per scegliere al meglio il nuovo
look e magari fare un salto dall'estetista/parrucchiera che dopo un intero
inverno di crescita anarchica di peli/capelli mi ripeterà la solita litania su
ciò che si deve e che non si deve fare per avere cura del proprio corpo. Da
quanto è che non mi occupo più di me stessa? Sempre di corsa ad inseguire
figlia, marito e lavoro ed il risultato di anni di incurie è davanti agli occhi
di tutti. Sono una pantofola sciatta, piena di cultura e di vita vissuta, poco
amante di me stessa. Il mio corpo è solo un’utilitaria che serve a trasportarmi
nel mondo, ma come sarebbe bello poter viaggiare ogni tanto in una Jaguar
anziché sempre in Cinquecento!
Ripiena di dubbi e pensieri, come
la crema delle zeppole di San Giuseppe, mi dirigo verso il mio negozio di
abbigliamento di fiducia, nascosto nell'angolino in centro, per scegliere
qualcosa che non costi troppo, che mi stia bene a dosso e che sia alla moda, ma
dopo aver faticosamente trovato parcheggio, scopro che il negozio che ricordavo
è misteriosamente scomparso. Era proprio lì, tra il fioraio ed il negozio di
scarpe, ma ora al suo posto lampeggia un centro massaggi cinese. Chiedo al
fioraio: il negozio di abbigliamento che ricordavo è chiuso da tre anni, colpa
della crisi, dice, e delle clienti pigre come me, aggiungo io.
“Ed ora dove vado?” mi chiedo
smarrita. Un giro in centro mi fa subito sentire fuori luogo: i prezzi dei
cartellini sono esorbitanti ed i modelli proposti degni del carnevale di
Viareggio. Niente che possa andar bene per una quasi cinquantenne paffutella e,
diciamolo, anche un po’ demodé. Ragazzine su scarpe che sembrano trampoli,
oscillano eteree, scrutandomi dall'alto in basso, come una barbona in una
gioielleria. Inutile perdere tempo. Forse al nuovo centro commerciale troverò
qualcosa di meno caro e di più adatto ad una signora. Un’ora di coda nel
traffico e quindici minuti per parcheggiare, ma alla fine ce la faccio. “Cento negozi a mia disposizione, qualcosa
troverò!”, mi dico convinta ed inizio la maratona. Primo negozio solo
abbigliamento per teenager, secondo negozio abbigliamento anche taglie curvy ma
di qualità veramente scadente, terzo negozio abbigliamento di marca troppo
eccentrico, quarto negozio modelli sobri a prezzi accessibili, taglie fino alla
48: magari è la volta buona. Arraffo quel che posso e mi fiondo nel camerino.
Provo un vestito nero con semi trasparenze, ma la 48 mi stringe troppo sul
seno. Altro vestito più ampio, ma si poggia sul sedere e mi ingrassa. Continuo
a provare e riprovare ma non c’è niente che mi stia bene ed il dubbio sorge spontaneo:
ma sono io che ho superato abbondantemente anche la 48 o sono loro che fanno le
taglie microscopiche? Mi guardo meglio allo specchio: le cosce che cadono, il
sedere che straborda, la pancia molle, il seno a cipolla perché si, ormai fa
proprio piangere! Abbandono tutto nel camerino e scappo, sperando di non essere
vista. Mi viene da piangere. Chi è quella donna allo specchio che mi guarda
stranita? Dove è finita la ragazza attraente e gioviale che a fatica avevo
costruito? Com'è possibile che in un momento di distrazione mi sia trasformata
in questa cosa sciatta? Devo subito porre rimedio alla situazione. Urge una
cura di contrasto: dieta ferrea, piscina, massaggi ed un po’ di mare, al più
presto… nel frattempo per consolarmi mi metto in fila per un gelato: cono
cioccolato stracciatella e panna. Lo divoro senza neanche assaporarne il gusto,
logorata dal senso di inadeguatezza. Sono troppo arrabbiata e non so nemmeno
con chi prendermela. Domani c’è il grande evento ed io non so ancora cosa
indossare. Mentre mi lecco le ferite del mio orgoglio distrutto mi ricordo di
un outlet fuori mano che vende esclusivamente abiti da cerimonia, anche per
taglie comode. Una debole speranza si accende. Evitando accuratamente gli
specchi, mi dirigo al parcheggio e in stato di semi-coscienza raggiungo
l’outlet. E’ appena maggio, ma fa già molto caldo e le belle ragazze si
svestono. Le guardo ammirata: i capelli al vento, i vestiti leggeri che
svolazzano, le gambe toniche ed abbronzate. Stanno bene anche vestendo lo straccio
per la polvere e poi quello sguardo così sicuro e speranzoso del futuro, lo
stesso sguardo che avevo anche io alla stessa età, prima che la vita mi
piegasse con le sue promesse non mantenute, prima che mi obbligasse a mille
rinunce, prima che il tempo mi trasformasse dall'interno prima che all'esterno.
Siamo il riflesso dei nostri pensieri e la bellezza esteriore non è che l’amore
sé stessi e per la vita, un amore che forse ho un po’ perso strada facendo. In
fondo si può essere belle anche con qualche chilo di troppo e con qualche ruga
sul viso, l’importante è piacere a sé stesse, essere soddisfatte di quelle che
si è e di ciò che si fa. Forse è questo quello che mi manca, penso
parcheggiando.
L’outlet è semi-deserto. La
commessa mi avvista subito, sebbene faccia di tutto per nascondermi tra il
vestiario.
“Posso aiutarla?”
“Grazie, ma sto solo dando uno
sguardo. Appena trovo qualcosa che mi piace la chiamo”.
Una signora si prova un abito
allo specchio. E’ un po’ in carne e sembra che trattenga il respiro per entrare
in un fasciatissimo abito lungo color corallo.
“La guaina va indossata senza
biancheria!”, le dice l’amica. “Non vedi i segni che ti lasciano le mutande?”,
la rimprovera.
Quanto siamo disposte a soffrire
pur di apparire sempre belle e giovani? Perché non possiamo accettarci per
quello che siamo? Perché dobbiamo sempre confrontarci con un modello altissimo
ed irraggiungibile? Al prezzo di quale sacrificio? E poi perché agli uomini non
è chiesto di fare altrettanto? Perché si
soprassiede sui loro capelli bianchi, sulla loro pancetta, sulla loro barba
incolta? Perché loro possono permettersi il lusso di essere “nature” e noi
donne invece no? Perché dobbiamo sempre piacere a qualcun altro e non solo a
noi stesse?
Rimuginando su questi interrogativi,
mi aggiro tra gli stand dell’immenso magazzino, facendo finta, di tanto in
tanto di guardare qualche abito. Poi la commessa mi si piazza davanti e mi
dice:
“Posso farle provare qualcosa?”.
Evidentemente mi teneva d’occhio già da qualche minuto. Mi arrendo dinanzi alla
sua determinazione.
“Cosa le piacerebbe indossare?”.
Domanda apparentemente semplice, ma con risposta complessa. “Devo apparire per
quello che gli altri vorrebbero o per quello realmente sono?”, mi chiedo
perplessa, ma la risposta la conosco da tempo. E’ scritta nel mio cuore, nel
mio DNA.
“Vorrei un vestito elegante, ma
sobrio, comodo che mi vesta elegantemente senza trasformarmi in quello che non
sono”. La commessa sorride.
“Ho proprio quello che fa per
lei”. Dice avanzando verso un angolo preciso. Mi mostra una serie di tailleur
pantalone in shantung di seta, dal taglio classico, ma con colori sgargianti.
“Lei è una donna solare, anche se
ogni tanto qualche nube oscura la sua luce. Una donna decisa e pratica. Non ha
bisogno di fronzoli per apparire bella. Le basta sorridere”.
Indosso a cuor leggero quello che
mi offre. La taglia è perfetta, il colore anche e pazienza se ho qualche chilo
di troppo e qualche ruga. Sono quel che sono e faccio pace con me stessa.
Inutile inseguire modelli irraggiungibili. Chi vuole cogliere la bellezza la
trova ad ogni passo. Deve solo saper cercare.
E’ questo il segreto del mio stare al mondo.
...TU sei è una donna solare, anche se ogni tanto qualche nube oscura la TUA luce. Una donna decisa e pratica. Non HAI bisogno di fronzoli per apparire bella. TI basta sorridere! SORRIDI ALLA VITA E LA VITA TI SORRIDERA'
RispondiEliminaTu di più! Grazie amica mia
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