venerdì 10 giugno 2016

Ancora una vittima




Ed ogni volta speri che sia l'ultima, ti auguri che non succeda mai a te ed ai tuoi cari, preghi per tua figlia, tua madre, tua sorella, ma anche per quel volto ancora sconosciuto che domani sarà pubblicato su tutti i giornali e che come una stella cadente, dopo qualche giorno sarà dimenticato. Perché la morte delle donne non fa più notizia. Ci stiamo lentamente abituando ai femminicidi, come ci siamo abituate alle guerre, alle stragi, ai morti assassinati dalla mafia, agli stupri in India, alle spose bambine ed a tutto ciò che consideriamo lontano ed altro da noi, tutto ciò che entra in quella maledetta sottiletta di cristallo che chiamiamo televisore e ne viene inghiottito per sempre.
Perchè è troppo difficile dare  ascolto ad ogni singola voce disperata che viene dalla strada, dal mare, dal bosco, dalla casa di fianco, dalla piazza sotto casa, è un dolore che si riapre ogni giorno ed allora chiudiamo gli occhi, per non vedere, per non sapere, per sopravvivere, ma ogni volta che chiudiamo occhi, bocca ed orecchie ci rintaniamo in una corazza d'indifferenza che ci soffoca e che diventa ogni giorno più spessa ad ogni nostra esitazione.
Perchè non c'è felicità se si è soli. Perché non c'è libertà se si rimane chiusi in casa. Perchè non è vita se non è spesa per migliorare il mondo che ci circonda, anche con gesti semplici, anche solo con l'ascolto.
Come cambierebbe improvvisamente il mondo se ciascuno di noi, maschi e femmine, cominciassimo a porre più attenzione anche a chi ci sta vicino, per un minuto o per la vita, se invece di rinchiuderci in casa, abitassimo le case e le piazze, come salotti per incontrarci, ascoltarci.
Perchè certe volte fingiamo di non vedere, di non sapere, ma il mostro ce l'abbiamo in casa, al lavoro, in palestra, a scuola e persino all'oratorio.
Fidiamoci di più di noi stesse e dei nostri campanelli d'allarme: non passiamo oltre quando il solito cretino fa un commento pesante per strada, non ignoriamo l'uomo ben vestito che fingendo di leggere il giornale ci tocca il fondoschiena, non sorridiamo al collega che fa battute fuori luogo sul modo di vestire di una cliente, non permettiamo più che il capo usi un linguaggio da caserma in nostra presenza, non diciamo si al prete che ci vieta di salire sull'altare, ma non disdegna le nostre pulizie in chiesa, non permettiamo che i nostri uomini ci manchino di rispetto, non giustifichiamo la cafonaggine dei nostri figli maschi, non diventiamo le loro schiave, non permettiamo che ci trattino come oggetti del desiderio o come badanti, cameriere, segretarie. Riprendiamoci le nostre vite e abbiamo per prime il coraggio di cambiare noi stesse ed il mondo che ci circonda. Facciamolo per noi, ma anche e soprattutto per le nostre figlie ed i nostri figli. Facciamolo per credere ancora che possa esserci un domani.

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